Il colle di Santu Antine è un monumento storico, ricco delle rovine dei popoli che lo hanno abitato.
Poco è rimasto delle antiche strutture ma la grande quantità di reperti trovati ci permette di raccontare la sua storia.
Attraverso questi materiali e le informazioni da loro fornite, sono stati realizzati due diorami, guidati dalla competenza dell’archeologo che ha seguito gli scavi, il prof. Francesco Guido, funzionario responsabile della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Sassari e Nuoro.
I due plastici fanno parte dell’allestimento della sezione archeologica del P.AR.C.
Il primo diorama mostra l’insediamento nuragico come si suppone fosse in origine; il secondo plastico ricrea l’ambiente e i reperti che l’archeologo ha trovato nel fondo del pozzo.
Da febbrario 2019 è possibile visionare l'interno del pozzo attraverso un monitor touch screen e visori per la realtà immersiva.
Vi invitiamo, visitato il P.AR.C., a scalare il colle e sulla cima ammirare il territorio e per un momento abbandonarvi a fantasticare su quello che può essere stato il suo aspetto nel passato.
Durante gli scavi sono rinvenuti molti oggetti, databili sino all’epoca romana.
Circa 1800 monete, probabilmente gettate nel pozzo come offerta agli dei, diversi vasi in bronzo e piombo, anse figurate di calderoni, punte di lancia e due bronzetti.
Di questi ultimi, il primo è una figura maschile, stante, appoggiata ad un alto bastone. Una divinità raffigurata in nudità rituale. Con la mano sinistra impugna lo scettro e può presumersi che la destra, mancante, fosse sollevata e aperta. Sul volto, dalla forma rotonda, è stato applicato un naso “a pilastrino”, cioè a volume piramidale con vertice che sfuma verso l’alto. Un grosso monile a treccia, annodato sotto il collo, scende sul petto.
Evidenti le analogie con i bronzetti provenienti da Santa Cristina di Paulilatino, da Mandas, dalle domus de jana di Riu Mulinu di Bonorva e da nuraghe Flumenelongu di Alghero.
La seconda figura, sempre maschile, rappresenta un’offerente. La statua tiene la mano destra, di notevoli dimensioni, alta e aperta. Veste un corto gonnellino e indossa un copricapo rotondo a calottina.
Il ritrovamento di questi bronzetti nel territorio di Genoni conferma la frequentazione siro-palestinese delle zone più interne della Sardegna, rispetto a quelle dove sono avvenuti ritrovamenti simili.
Queste statuette evidenziano rapporti tra le popolazioni indigene e le genti orientali. Possono essere interpretate sia come oggetti di pregio offerti in dono ai maggiorenti locali per facilitare i rapporti di scambio, che come ex-voto offerti alle divinità locali sia dalle popolazioni straniere che da quelle sarde.
Ricordiamo inoltre la scoperta in località Santu Perdu di una statuetta in bronzo raffigurante il Sardus Pater, divinità sardo-punica del IV-III sec. a.C..
Il bronzetto, in perfette condizioni, è conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Una figurina raffigurante un suonatore di corno, conservata nello stesso Museo di Cagliari, fu donata dal cav. Sanna-Randaccio al Taramelli intorno al 1905. Anche questa è stata ritrovata nel sito, ormai in rovina, di Santu Pedru.